IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento civile n. 4434 promosso dall'Istituto autonomo case popolari di Bologna nei confronti di Vrahulaki Costantia avente ad oggetto lo sfratto della gia' conduttrice assegnataria di alloggio di edilizia residenziale pubblica in quanto sfrattata. A scioglimento della riserva che precede, letti gli atti, osserva quanto segue. IN FATTO Con atto notificato il 17 ottobre 1994, l'Istituto autonomo case popolari della provincia di Bologna, in persona del suo presidente pro-tempore premesso che Vrahulaki Costantia conduceva in locazione un immobile di proprieta' del comune di Bologna, gestito dall'Istituto stesso; che non intendeva rinnovare il contratto di locazione, gia' disdettato per la scadenza del 7 maggio 1993, ha intimato alla conduttrice lo sfratto per finita locazione e l'ha citata in giudizio per sentir convalidare lo sfratto per la data indicata, chiedendo, in caso di opposizione, la pronunzia di ordinanza di rilascio immediato ex art. 665 del c.p.c. All'udienza si e' costituita la conduttrice opponendosi alla convalida invocando la proroga legale biennale di cui all'art. 11, comma 2-bis della legge n. 359/1991, facendo comunque presente di essere assegnataria di alloggio di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 7, comma 9, della legge 15 febbraio 1980, n. 25. Il procuratore dell'intimante non si opponeva all'applicazione della proroga legale del contratto ma si opponeva invece alla concessione del termine massimo per il rilascio e chiedeva, comunque, un termine per controdedurre. L'ufficio, accordato il termine a difesa in presenza dell'opposizione dell'intimata, invitava le parti a precisare la natura giuridica dell'assegnazione dell'alloggio e a valutare, di conseguenza, la compatibilita' con i principi costituzionali dell'integrale assoggettamento del contratto di locazione al regime privatistico di cui alla legge n. 392/1978 (che include la facolta' del diniego ad nutum di rinnovazione del contratto) pur in presenza di un regime pubblicistico si assegnazione dell'alloggio sulla base di criteri predeterminati dalla legislazione in materia di edilizia residenziale pubblica. All'udienza successiva, precisate le posizioni delle parti come da verbale, il giudicante si riservava di pronunciare ordinanza. IN DIRITTO La questione di costituzionalita' dell'art. 7, comma 9, della legge 15 febbraio 1980, n. 25 e rilevante e non manifestamente infondata. Sulla rilevanza. Quanto alla rilevanza il giudicante osserva che la norma giuridica richiamata ha consentito all'Istituto intimante di assegnare l'alloggio all'intimata stipulando il contratto di locazione la cui scadenza e' oggetto della controversia. Il giudicante, chiamato sia ad accertare la data di scadenza del contratto sia a condannare l'intimata al rilascio dell'immobile, non puo' definire il giudizio senza considerare che l'assegnazione dell'immobile (di cui si chiede la restituzione) e' avvenuta con il contratto di locazione "interamente disciplinato dalla legge 27 luglio 1978, n. 392" (anziche' con un provvedimento amministrativo di assegnazione) proprio perche' cosi' testualmente dispone la norma di legge sopra richiamata. Per effetto della quale, pertanto il contratto di locazione diventa lo strumento con cui la pubblica amministrazione soddisfa l'interesse pubblico dell'assegnazione della casa a persone in possesso di particolari requisiti richiesti dalla legge stessa per concorrere all'assegnazione di alloggi dell'edilizia residenziale pubblica. Ove la disposizione di legge fosse dichiarata incostituzionale, pertanto, il contratto oggetto del contendere perderebbe di efficacia essendo essa condizionata alla vigenza della menzionata disposizione normativa che ne costituisce il presupposto giuridico. Sulla non manifesta infondatezza. Ad avviso del giudicante l'integrale assoggettamento del contratto di locazione de quo alla disciplina di cui alla legge n. 392/1978 costituisce scelta ragionevole, contraddittoria e ingiustificatamente discriminatrice da parte del legislatore. Come gia' anticipato, infatti, non e' conciliabile con le finalita' pubblicistiche perseguite dalla normativa che disciplina l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (cui va ricondotta anche l'assegnazione dell'alloggio in questione) la liberta' del locatore di decidere di non rinnovare il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo alla sua scadenza che, invece, caratterizza il regime della legge n. 392/1978. In assenza di qualsiasi mutamento dei requisiti (in capo all'assegnatario)richiesti per procedere all'assegnazione (reddito inferiore ad un certo livello e impossidenza di altri alloggi), non si vede come sia possibile giustificare sul piano del principio di uguaglianza, il rifiuto da parte dell'Istituto di rinnovare il contratto e di mantenere conseguentemente in vita quell'assegnazione dell'allogio oginariamente operata sulla scorta di requisiti di necessita' abitativa che continuano a ricorrere. La disposizione della cui costituzionalita' il giudicante dubita, infatti, crea ingiustificatamente, per alcune categorie di assegnatari di alloggi destinati all'edilizia residenziale pubblica, un regime di assegnazione ben diverso e piu' penalizzante di quello previsto per i restanti altri (caratterizzato, il primo dalla possibilita' di diniego ad nutum del rinnovo del contratto di locazione), in violazione del principio di cui all'art. 3 della Costituzione. Inotre la norma, concedendo alla pubblica amministrazione che procede all'assegnazione di un bene sociale quale la casa la facolta' di porre discrezionalmente termine alla stessa una volta scaduto il contratto di locazione, senza necessita' di alcuna motivazione della propria volonta' e, soprattutto, senza alcun obbligo di considerare se persistano o meno le condizioni che originariamente hanno giustificato l'assegnazione, pone in contrasto con il dovere, imposto dall'art. 3, secondo comma, della Costituzione di rimuovere gli ostacoli di ordine economico che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, venendo meno, anche, al dovere di solidarieta' imposto dall'art. 2 della Costituzione. Tale scelta, infine, appare in contrasto con i canoni di "buon andamento" e di "razionalita'" imposti alla pubblica amministrazione dall'art. 97 della Costituzione dal momento che consente alla stessa di sfrattare persone cui la casa di proprieta' pubblica era stata assegnata, in base alla legge, proprio in considerazione, tra l'altro, del fatto che erano state sfrattate da altro alloggio di proprieta' privata. Non sembra, dunque, compatibile con tali principi una norma di legge che consenta alla pubblica amministrazione di venir meno, a sua discrezione, ai fini per i quali sia stata istituita. Alla luce delle suesposte considerazioni si deve pertanto ritenere rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 97, la questione di costituzionalita' sollevata nei confronti dell'art. 7, comma 9, della legge 15 febbraio 1980, n. 25, nella parte in cui tale norma consente alla pubblica amministrazione di procedere all'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica a mezzo di " ..contratto interamente disciplinato dalla legge 27 luglio 1978, n. 392" con conseguente facolta' di far cessare l'assegnazione dell'alloggio ad nutum del locatore alla scadenza del contratto di locazione, senza tenere in alcuna considerazione il possesso dei requisiti che, in base alla stessa legge, debbono sussistere ai fini dell'asssegnazione. Il procedimento va, dunque, sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale come da dispositivo.